Biobanca e Intelligenza Artificiale per la lotta ai tumori

Dici intelligenza artificiale e subito la mente corre ad HAL 9000, il software che governava la navicella di 2001 Odissea nello Spazio e che mette a repentaglio la vita degli occupanti del mezzo disperso nel cosmo. Pensi a un futuro lontano in cui le macchine governeranno il mondo e in cui l’uomo sarà schiavo di robot spietati. La verità è che l’intelligenza artificiale fa già parte delle nostre vite, in un modo molto più pervasivo di quanto non si creda. Ad esempio perché quando si scrive un messaggio con il cellulare vengono fuori dei suggerimenti che sono profilati esattamente su di noi e sulle nostre abitudini di scrittura. O, ancora, perché la televisione smart ci suggerisce quel programma o questa serie. Perché di intelligenza artificiale stiamo parlando da almeno mezzo secolo e la sua applicazione, oggi, è decisamente più piena di quanto non ci si aspetti. «L’AI oggi ha fatto un enorme passo avanti – spiega a Economy Luciano Floridi, professore ordinario di filosofia ed etica dell’informazione all’Università di Oxford presso l’Oxford Internet Institute, dove dirige il Digital Ethics Lab – e siamo ormai nella seconda generazione.

«L’ai ha fatto un grande passo avanti ed è arrivata alla seconda generazione con una grande capacità di apprendere»

La grande trasformazione di cui siamo testimoni riguarda la capacità di apprendere (comunemente detto machine learning) dal proprio output, in modo da avere una flessibilità enorme di applicabilità grazie all’eccezionale quantitativo di dati che riescono a immagazzinare e all’accresciuta capacità computazionale. Quindi l’AI è soprattutto la capacità delle macchine di comportarsi in un modo tale che se a fare ciò fosse stato un umano sarebbe stato chiamato “intelligente”. La seconda era dell’intelligenza artificiale, quella che stiamo vivendo ora, differisce dalla prima perché ha un elevato livello di azione autonoma».

Software sempre più potenti, capaci di elaborare centinaia di migliaia di informazioni al secondo, sempre più in grado di pensare come un essere umano… ma perché? Per quale scopo? A che cosa serve l’intelligenza artificiale e perché non riusciamo più a farne a meno? Prima di tutto perché l’AI è in grado di risolvere problemi con successo, offrendo all’uomo soluzioni pratiche in tempi rapidi: non sei capace di parcheggiare in uno spazio angusto in città ma sono ore che giri speranzoso? Ci pensa l’intelligenza artificiale. Vuoi il biglietto per quel concerto imperdibile, ma i prezzi sono alle stelle? Un software ti può venire in soccorso e fornirti le quotazioni in tempo reale. Ma soprattutto, l’intelligenza artificiale consente di aprire nuove frontiere e di cambiare radicalmente il mondo del lavoro. E anche in questo caso le visioni disfattiste e fantascientifiche non sono (almeno non del tutto) giustificate. Perché se è vero che sono decenni che si parla di intelligenza artificiale, oggi è cambiato il suo rapporto con l’essere umano.

«L’ai è in grado di risolvere problemi con successo, offrendo all’uomo soluzioni pratiche in tempi rapidi: biglietti a prezzi bassi o parcheggi»

«Io penso – prosegue Floridi – che il saldo tra posti di lavoro creati e distrutti sarà positivo. Ma prima di tutto dobbiamo interrogarci sulla modalità con cui raggiungeremo questo nuovo equilibrio. Prendiamo ad esempio il Giappone: lì si è raggiunta la piena occupazione (e, anzi, si stanno cercando nuovi lavoratori stranieri da inserire nell’organico delle aziende) nonostante un’elevata robotizzazione. Ma come, mi chiedono, un paese così avanzato, universalmente riconosciuto, pur avendo introdotto robot non ha fatto sparire posti di lavoro? La risposta, ovviamente, è che non è l’intelligenza artificiale di per sé a creare o distruggere posti di lavoro. Qualche settimana fa parlavo con il Ceo di una grande casa automobilistica che mi ha confessato come i tempi in cui si introducevano in fabbrica i robot e si mandavano a casa gli operai sono passati da un pezzo: oggi si assumono ingegneri e la robotica crea un notevole indotto. Basta quindi con allarmismi che al momento sono immotivati e prematuri:  dobbiamo ammettere a noi stessi che non sappiamo ancora come sarà il mercato del futuro».

Già tra gli anni ’70 e ’80 si iniziò a vedere una presenza sempre più pervasiva dei robot nella manifattura. Come nel caso di Fiat, che introdusse automi in fabbrica tanto da fare dell’Italia uno dei paesi più avanzati dal punto di vista dell’automazione. E che dire di Deep Blue, il robot progettato da Ibm che sfidò (vincendo) il campione di scacchi Garri Kasparov nel 1996? Quello che è radicalmente cambiato in questi 20 anni non è il fatto che i robot possano interagire con l’uomo e batterlo, ma piuttosto la base di partenza. «Deep Blue – continua il professore di Oxford – poteva contare su un’euristica e una enorme base di dati di tutte le più importanti partite di scacchi fin ad allora disputate. AlphaGo (il software di Google capace di giocare in maniera autonoma) ha imparato come si sta sulla scacchiera meglio di chiunque altro in sole nove ore, senza alcuna base di dati ma giocando contro se stesso milioni di partite, migliorando ogni volta sulla base della propria capacità autonoma di migliorare. E così è arrivato a giocare meglio di chiunque altro».

L’intelligenza artificiale sta dunque vivendo un momento ibrido tra l’essere costantemente sulla bocca di tutti e la possibilità che nessuno abbia ancora capito esattamente “a che cosa serva”. Al momento, infatti, gli utilizzi che vengono fatti sono ancora sporadici e nessun comparto è riuscito a progredire in una completa introduzione del software di automazione. «Dobbiamo partire dal presupposto – continua Floridi – che oggi l’AI si sta sviluppando soprattutto dove ci sono più soldi, ovvero difesa, sanità e intrattenimento. Solo che il comparto della difesa, che è sicuramente quello più avanzato dal punto di vista tecnologico, è anche quello più opaco e meno disposto a condividere con il mondo le sue scoperte. La sanità, invece, sta puntando molto su questi sistemi e, ovviamente, anche l’intrattenimento, visto che in futuro avremo più tempo libero da dedicare a svaghi e film. Vedo indietro invece il settore finanziario, che ancora non ha capito esattamente come introdurre l’intelligenza artificiale. E soprattutto mi sembra che il comparto della produzione si stia muovendo con grandissima lentezza: l’industria manifatturiera, e soprattutto le pmi, è ancora agli albori di una trasformazione che durerà anni».

Secondo uno studio di Deloitte e del Politecnico di Milano, l’83% degli intervistati prevede che l’AI diventerà mainstream entro due anni. In particolare, con l’intelligenza artificiale ci sarà una sensibile ottimizzazione delle operazioni interne e un miglioramento delle performance di prodotti e servizi. Nella survey si legge che l’intelligenza artificiale è ritenuta altamente rilevante per la possibilità di creare prodotti e l’esplorazione di nuovi settori del mercato. Inoltre, secondo il 92% degli intervistati, l’utilizzo dell’intelligenza artificiale permetterà una riduzione dei costi e il 64% ritiene che migliorerà le performance lavorative. In termini di posizionamento aziendale, il 31% del campione afferma di essere in una fase di studio, il 46% dichiara di aver avviato delle sperimentazioni, mentre il restante 15% ha già implementato delle soluzioni AI all’interno delle proprie attività.

«La tecnologia ha promesso troppo e non sta ancora dando i risultati sperati. oggi l’ai è ordinaria e  industriale, molto banale»

Al momento, l’intelligenza artificiale non sembra ancora avere inverato tutte le aspettative che erano state poste su di essa: «La tecnologia – spiega Floridi – ha promesso troppo e non sta ancora dando i risultati sperati. Noi ancora oggi non riusciamo ad avere un sistema di AI che metta d’accordo il mio computer con il mio cellulare. Il rischio è quello di tornare alla realtà avendo enfatizzato inutilmente uno strumento. Oggi vediamo un’intelligenza artificiale ordinaria e industriale, molto banale e più semplice da mettere in luce. Se chiediamo a qualcuno se ha mai avuto interazione con essa, l’immaginario correrà ancora ai robot che stringono la mano, e non alla quotidianità in cui l’intelligenza artificiale è stabilmente inserita».

Un ulteriore piano di analisi che deve essere tenuto a mente è quello politico e istituzionale. Floridi è membro dell’High-level expert group on artificial intelligence voluto dalla Commissione europea: si tratta di un gruppo esterno e non politico, composto da esperti e da addetti ai lavori che abbiano una certa contiguità con il modo dell’intelligenza artificiale, che deve riuscire a fotografare i temi più importanti su cui si dovranno concentrare le istituzioni per rapportarsi all’intelligenza artificiale. Recentemente sono state redatte dalla Commissione delle raccomandazioni sull’etica dell’intelligenza artificiale che sono già una buona base di partenza per capire come le aziende si debbano comportare.

«Marco Bentivogli è uno dei pochi che in Italia sta affrontando il tema con laicità ed equilibrio. per il resto vedo solo populismo»

Ma permane una certa resistenza sia nell’opinione pubblica, sia nei governi nazionali. «Non ho visto esecutivi particolarmente illuminati, a parte qualche rara eccezione di cui però non farò il nome. Marco Bentivogli – conclude Floridi – è uno dei pochi che in Italia sta affrontando il tema con laicità e con equilibrio, difendendo l’introduzione della tecnologia come elemento vincente rispetto a una resistenza a oltranza. Per il resto invece vedo che stiamo gestendo la questione in maniera populista e stiamo sprecando questa cartuccia. Continuare a urlare “al lupo al lupo” paventando pericoli che al momento non si vedono all’orizzonte è pericoloso e ne pagheremo le conseguenze. Piuttosto, mi piacerebbe che ci soffermassimo a parlare del “dopo”: dobbiamo preoccuparci di chi dovrà affrontare il costo sociale della transizione che stiamo vivendo e di chi, invece, ne trarrà beneficio. Ora: è giusto che le prossime due o tre generazioni debbano pagare questo scotto? Ovviamente no, e quindi a mio giudizio dovremmo distribuire i vantaggi in tempi lunghi. Si tratta di un processo che, naturalmente, dovrebbe essere portato avanti a livello nazionale, non di singolo imprenditore. Ma sono convinto che si debba iniziare fin d’ora a spalmare quei costi sociali che inevitabilmente dovremo sostenere (formazione, licenziamenti, prepensionamenti) perché i vantaggi futuri poi arriveranno».

Il calcio

Chi l’ha detto che il calcio sia soltanto uno sport di fatica in cui la tecnologia non può rientrare? Acronis, leader mondiale nelle soluzioni di protezione informatica e cloud, ha siglato una partnership con il Manchester City per aiutarlo a migliorare e sviluppare le sue capacità di backup e archiviazione dei dati. Questo perché con questo tipo di informazioni le squadre di calcio professionistico possono rivedere le proprie prestazioni e analizzare gli avversari grazie ai moduli di intelligenza artificiale che garantiscono una sistematizzazione delle informazioni raccolte sul campo. Si tratta di un sistema che consente, durante i giorni precedenti le partite, di analizzare i dati prima delle partite. In questo modo, i giocatori possono rivedere lo “storico” con i loro allenatori e apportare modifiche all’ultimo minuto al piano partita. Il modello proposto al City è replicabile tanto che Acronis è già in trattative con almeno tre club della nostra Serie A per offrire un sistema analitico anche nel nostro campionato.

Nuova operatività ristori Emilia-Romagna: banner 1000x600

Nuova operatività ristori Emilia-Romagna

A partire dal 21 novembre ampliata l’operatività dei Ristori da €300 milioni riservati alle imprese colpite dall’alluvione in Emilia-Romagna. La nuova misura, destinata a indennizzare le perdite di reddito per sospensione dell’attività per un importo massimo concedibile di 5 milioni di euro, è rivolta a tutte le tipologie di impresa con un fatturato estero minimo pari al 3%.


Le automobili

Una soluzione tecnologica per la vendita di automobili: un comparto che si sta rapidamente tecnologizzando e che non può più prescindere da moduli di intelligenza artificiale e delle nuove tecnologie. La suite, realizzata da MotorK si rivolge al reparto vendite dell’automotive e comprende una nuova piattaforma per realizzare il proprio sito web e un sistema di gestione evoluto: in questo modo i venditori potranno agire direttamente sugli interessi e sulle preferenze degli utenti dando vita a un meccanismo di “customer experience” particolarmente gradito dai clienti. Recenti studi rivelano che l’86% dei consumatori che interagiscono con aziende auto e venditori sul web è più propenso ad acquistare se viene offerta un’esperienza personalizzata. Due le soluzioni studiate da MotorK: LeadSpark 2, che gestisce in maniera totalmente automatizzato il processo di vendita, compresa la firma del contrato di acquisto; e WebSpark Platform, piattaforma web per concessionari che permette di personalizzare il sito a seconda delle esigenze del cliente.

Le fake news

Stanchi di leggere notizie false e non verificate sui social network? Anche in questo caso l’intelligenza artificiale potrebbe venire in soccorso dell’uomo. Ad esempio con il progetto Fandango, nato nell’ambtio dei progetti europei Horizon, e che ritiene che l’AI sia la soluzione migliore per stanare le fake news. Il progetto si propone di utilizzare l’intelligenza artificiale per fornire agli stakeholder del settore giornalistico degli indici di affidabilità della notizia, basati su una combinazione di elementi che aiutano a rivelarne la verità. L’intento è quindi quello di addestrare un modello di AI che, imparando nel tempo, possa riconoscere le fake news prima che queste si propaghino. La tecnologia impiega algoritmi in grado di riconoscere e identificare le relazioni che sussistono all’interno del testo; svolge un’analisi semantica per incrociare diverse fonti informative e autori per verificare l’attendibilità dei fatti; compie una comparazione multimediale per identificare le connessioni che sussistono tra i contenuti e gli argomenti trattati.