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La questione è già stata sollevata lo scorso giugno dal presidente dell’Autorità nazionale Anticorruzione, Giuseppe Busia. Riguarda la necessità di armonizzare la legge sull’equo compenso (legge n. 49/2023) con il Codice dei contratti pubblici (decreto legislativo n. 36 del 31 marzo 2023), in vigore dallo scorso luglio. Il Consiglio nazionale degli architetti, pianificatori, paesaggisti e conservatori ha nuovamente sottolineato questa problematica in una lettera inviata ai ministri dell’Economia, delle Infrastrutture e Trasporti e del Lavoro. Nel messaggio, il CNAPPC chiede al governo di apportare correzioni al codice affinché sia allineato alla legge sull’equo compenso.

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Equo compenso, la parola agli architetti

Secondo la nota del CNAPPC, l’intervento è necessario per evitare interpretazioni ambigue che potrebbero portare a controversie, aumenti di spesa o addirittura rallentare o bloccare completamente le assegnazioni di servizi di architettura e ingegneria. La lettera al governo sottolinea che i due atti normativi presentano punti di contatto evidenti e, data l’importanza dei professionisti nelle procedure di affidamento dei contratti pubblici, è essenziale adeguare le disposizioni del Codice dei contratti alle nuove norme sull’equo compenso.

Il governo deve intervenire sul codice contratti

Il CNAPPC ritiene cruciale superare la contraddizione tra la legge sull’equo compenso, che dichiara nulle le clausole che prevedono compensi inferiori a quelli stabiliti da un decreto ministeriale, e il codice dei contratti, che adotta il criterio del minor prezzo e dell’offerta economicamente più vantaggiosa. La lettera si conclude con l’auspicio di un intervento urgente su questa questione e la disponibilità del CNAPPC a esaminare ulteriormente questi temi in un possibile incontro. Il CNAPPC prevede di inviare anche una circolare alle stazioni appaltanti e agli ordini territoriali, sottolineando l’illegittimità dell’applicazione di ribassi ai corrispettivi calcolati con il Decreto parametri e riservandosi il diritto di adire le vie legali contro le violazioni della legge sull’equo compenso.

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