di Cinzia Ficco

I tartufi che piacquero a Tognazzi, Villaggio e Reagan quest’anno compiono 170 anni. Sono quelli coltivati  da Urbani Tartufi, a Scheggino, piccolo comune nella Valnerina, in provincia di Perugia. Attualmente a guidarla Olga, Carlo e Giammarco, quinta generazione familiare. Luca e Francesco, figli di Olga, sesta generazione, si occupano di Export e di Truffleland. Alla sesta generazione appartiene anche Ginevra, figlia di Giammarco, la più piccola in famiglia. Bruno Urbani, quarta generazione, è ancora presente in azienda, portando il suo valore e la sua esperienza a tutta la struttura. 

La storia della famiglia, da anni riconosciuta ambasciatrice nel mondo del buon gusto italiano, inizia quando, nel 1852, Costantino Urbani con pochi mezzi si attrezza per esportare tartufi freschi a Carpentras, in Francia e dopo qualche anno, in tutto il Paese transalpino, in Germania, Svizzera e Italia. Carlo e la moglie Olga Urbani ne fanno una impresa a conduzione familiare, riunita intorno alla figura dei cavatori. Ma è con Paolo e Bruno Urbani, alla quarta generazione, che l’azienda assume le caratteristiche di un’industria avanzata, in cui innovazione e ricerca continua della qualità le permettono di essere apprezzata in tutto il mondo. Sant’Anatolia di Narco, nel Perugino, è la sede che ospita il quartier generale dell’azienda. La struttura, immersa nel verde delle colline umbre, è moderna e riflette la visione dell’azienda: conciliare l’orgoglio di appartenere ad una famiglia storica e la curiosità per le sfide del futuro.

L’headquarter è anche la sede di uno dei due stabilimenti produttivi dell’azienda. «Qui – ci racconta Olga Urbani, figlia di Paolo e presidente del Gruppo Urbani – sono impiegati 150 dipendenti che si occupano della lavorazione e conservazione del tartufo. Si tratta del sito produttivo principale, in cui nascono le innovazioni e le produzioni per tutto il mondo. Ed è sempre qui che avvengono il controllo e la pulizia del tartufo. Una parte del prodotto viene utilizzata per il canale ristorazione – come fresca – l’altra, per la lavorazione e la trasformazione industriale».

L’azienda è anche presente nel cuore di Milano, in Via Anfossi 13, con uno store monomarca all’interno del quale è possibile trovare sia i tartufi freschi che quelli lavorati e trasformati, inseriti nel catalogo di Urbani Tartufi.

Altra sede è quella di Alba, dove si trova la Tartufalba Morra, la prima azienda di commercializzazione e trasformazione del tartufo bianco d’Alba (Tuber Magnatum Pico) e dove Giacomo Morra, ideatore della Fiera del Tartufo Bianco d’Alba, ebbe l’idea di regalare ogni anno, in occasione di tale evento, il tartufo più grande a personaggi famosi. Successe con Marilyn Monroe, Winston Churchill, Alfred Hitckoch, tanto per citarne alcuni.

Dopo essersi affermata sul mercato statunitense grazie alla divisione internazionale Urbani Truffles, l’azienda ha aperto alcune sedi amministrative nelle principali città americane, come: New York, Miami, Chicago, Los Angeles, Las Vegas e San Francisco.  Settantacinque Paesi, quelli in cui esporta, ma «il peso più grande lo hanno gli Stati Uniti, dove abbiamo una rete vendita molto capillare sul territorio».

Grazie al loro fiuto imprenditoriale, gli Urbani hanno continuato ad espandersi. Sono arrivati anche in Asia con l’apertura delle prime sedi di Manila e Bangkok e la creazione della divisione Urbani Funghi, concentrata sulla commercializzazione di funghi porcini e altre varietà di funghi, secche e surgelate.

I numeri della Urbani Tartufi? «Abbiamo  14 sedi suddivise tra Italia ed estero, 5 marchi e 300 collaboratori. Riforniamo il 75% del mercato mondiale e fatturiamo settanta milioni di euro, l’ottanta per cento del quale proviene dall’estero.  Per soddisfare il fabbisogno mondiale acquistiamo ogni anno 250 tonnellate di tartufo. Circa 20 linee di prodotto, 600 prodotti diversi a base di tartufo, a cui ogni anno se ne aggiungono almeno dieci».

Oltre alla ricerca di mercati nuovi e all’innovazione, a spiegare il successo degli Urbani, c’è l’amore per la storia. Nel 2012, in memoria di suo padre Paolo Urbani, Olga crea a Scheggino il Museo del Tartufo. «La sua scomparsa ha portato a fare ordine in tutto ciò che lui ha lasciato. E piano piano si sono ricostruite storie, momenti, corrispondenze tra i parenti in America e quelli in Italia sulle difficoltà di portare questo prodotto oltre Oceano nei primi anni del ‘900. Il museo è diventato un po’ di tutti: la comunità della Valnerina ha iniziato ad arricchirlo con nuovi ricordi, reperti, fotografie, utensili. (https://www.museodeltartufourbani.it)”.

Tra gli oggetti più preziosi, la lettera dell’ex Presidente degli Stati Uniti, Ronald Regan, che ringrazia per il tartufo ricevuto  in regalo dai fratelli Bruno e Paolo, del peso di 1 chilogrammo e dieci.

«Per custodire i nostri saperi abbiamo creato un centro tecnologico e gastronomico: l’Accademia del Tartufo del Gruppo Urbani, la prima al mondo e oggi punto di riferimento per chef e appassionati di tartufo a livello internazionale. Non solo una scuola di cucina, ma un tempio di cultura e condivisione attorno al mondo del tartufo. E tutto con il pensiero rivolto alle nuove generazioni. Va in questa direzione, la Fondazione Paolo e Bruno Urbani per giovani cuochi, che collabora con l’Università dei Sapori di Perugia e altri Istituti di settore. Ogni anno ci sono borse di studio per ragazzi che diventeranno chef del tartufo e programmi formativi, oltre a numerosi eventi. E ancora, abbiamo ideato la Urbani Worldwide Travel and Tours, i Meravigliosi Viaggi nel Mondo del Tartufo, la Scuola Internazionale del Tartufo nel suggestivo parco protetto della Valnerina sulle rive del fiume Nera, la Confraternita del Tartufo che riunisce personaggi famosi all’insegna del buon gusto, le Aste del Tartufo, famose nel mondo».
Risale, invece, al 2017 Truffleland, un progetto nato dallo spirito innovativo di Francesco Loreti Urbani, sesta generazione di Urbani Tartufi, e dalla volontà di dare vita a nuove tartufaie, con la coltivazione di piante micorrizate, ossia più resistenti alle fitopatologie.

Momenti di crisi in questi centosettanta anni? «La pandemia è stato un momento particolarmente difficile per noi, come per tutte le aziende. Avendo da decenni concentrato il nostro business sulla ristorazione, le chiusure hanno dato un duro colpo a quel canale anche per noi. Ma abbiamo iniziato a spingere sui canali e-commerce e grande distribuzione per raggiungere prima il consumatore finale».

Il passaggio generazionale è già stato programmato: «Francesco e Luca, sesta generazione, sono già ampiamente inseriti nel contesto aziendale e con idee rivoluzionarie: piantare alberi da tartufo, creare nuova biodiversità in terreni che diversamente sarebbero abbandonati e allo stesso tempo compensare, quindi, la produzione di CO2 nell’atmosfera. Tutto questo grazie a Truffleland».

«La nostra è un’azienda che coprendo a 360 gradi l’intero ciclo di vita del prodotto che va dalla materia prima alla distribuzione, riesce ad alimentare un indotto importante per il territorio dal punto di vista professionale», sottolinea Olga Urbani. «A cominciare dalla antichissima pratica della cava al tartufo, dal 2021 Patrimonio Immateriale dell’Unesco».

E per festeggiare i 170 anni? «Stiamo scrivendo un libro con i nostri amici chef! Il libro, edito da Slow Food, verrà presentato alla fine di quest’anno. Abbiamo lanciato una nuova Linea dedicata alla grande distribuzione: “Filosofia Naturale”. Sette prodotti a base di tartufo e realizzati senza aromi artificiali».

Clienti famosi? «Il nostro tartufo è arrivato sulle tavole dei Presidenti degli Stati Uniti».