«Alla fine vincerà l’idrogeno». Ne è convinto l’ex premier Romano Prodi, fondatore, tra le altre mille cose, anche della prima rivista italianasull’energia, che vede all’orizzonte la vittoria del classico terzo incomodo nella battaglia tra i motori a carburante fossile e quelli a batteria. Bill Gates, che di futuro se ne intende (le sue 15 previsioni del 1999 sulle innovazioni tecnologiche si sono quasi tutte avverate), sui propulsori a idrogeno ci ha addirittura già messo un “cip” da 600 milioni di euro, dando il via alla costruzione del suo nuovo yacht: 110 metri di lunghezza, cinque ponti e due depositi sigillati da 28 tonnellate di idrogeno liquido a una temperatura di -253° che alimenterà due enormi motori da 1mW (1.341 cavalli) collegati alle eliche. Ma non occorre avere doti divinatorie per intuire come l’idrogeno possa diventare l’elemento che cambierà davvero il modo dare energia al pianeta. Se non altro per due facili motivi: l’elemento è presente in abbondanza nell’acqua e l’unica cosa che finisce nell’aria dopo il suo utilizzo è vapore acqueo. Il problema, in fondo, non è se l’idrogeno vincerà, ma quando potremo davvero usarlo.
Entro il 2030 l’idrogeno raggiungerà la parità di costi con il diesel, senza la necessità di ricorrere a nessun tipo di incentivo di sistema
Non si tratta di questioni tecnologiche. Si può viaggiare con l’idrogeno già ora ed esistono auto in vendita, autobus circolanti e in servizio attivo, mezzi pesanti e navi da trasporto. In Germania c’è persino un treno e in California c’è una società che ha fatto volare un aereo a idrogeno per 800 chilometri. Ma potrebbe essere usato anche per il riscaldamento o nei processi industriali. Il cuore del sistema è la pila combustibile (perfezionata da un ingegnere inglese, discendente diretto e omonimo del filosofo Francis Bacon) che fece la sua prima comparsa nel 1959 su un trattore alimentato a idrogeno. La cella combustile, in inglese “fuel cell”, è un dispositivo che attraverso la reazione chimica di idrogeno e ossigeno permette di ottenere energia elettrica. A valle l’energia prodotta fa girare un normale motore elettrico, lo stesso che viene alimentato anche dalle batterie nelle auto elettriche, mentre a monte l’idrogeno è stipato ad alta pressione in serbatoi che lo mantengono a temperature bassissime. Il sistema, altamente efficiente dal punto di vista energetico, è tutto qui. Il pieno di idrogeno di un’auto si potrebbe fare in pochi minuti, l’autonomia dipenderebbe solo dalla dimensione del serbatoio e le emissioni potrebbero essere respirare senza timore anche da un bambino. E l’impatto ambientale, anche del riscaldamento domestico o dell’industria, potrebbe essere drasticamente ridotto.
L’idrogeno è l’elemento chimico più presente nell’universo conosciuto, ma non esiste da solo e bisogna “estrarlo”. La sua produzione oggi per il 97% è realizzata partendo dai combustibili fossili attraverso un processo chimico che produce enormi quantità di CO2 e quindi se questa fosse l’unica via la toppa sarebbe peggio del buco. L’altra strada è utilizzare l’energia elettrica per un processo di elettrolisi. In questo caso, se la fonte energetica è rinnovabile, l’impatto ambientale dell’idrogeno sarebbe pari a zero. Ma non esistono pranzi gratis.
Produrre idrogeno utilizzando l’energia elettrica costa ancora molto ed è un processo ancora inefficiente dal punto di vista economico, non solo rispetto ai combustibili fossili, ma anche rispetto alle batterie. Per produrre un chilo di idrogeno, quanto serve a u’auto per percorrere circa 100 chilometri, occorrono 65 kW che, se utilizzati invece per caricare una batteria, permettono di percorrere almeno il quadruplo della strada. Insomma, è più efficiente utilizzare batterie per accumulare energia rispetto all’utilizzo dell’idrogeno nella cella combustibile. «È vero, in condizioni normali vince l’elettrico» conferma Thomas Klauser, direttore di H2, il centro sperimentale di Bolzano, l’unico che produce e distribuisce idrogeno in Italia, «ma basta che la temperatura si abbassi o che entri in funzione un condizionatore per cambiare la questione, perché la capacità della batteria può scendere anche del 40%. Se consideriamo anche il rifornimento» continua Klauser «dipende, poi, dal tipo di ricarica: se utilizziamo un fastcharger le perdite d’energia che si trasforma in calore sono parecchie. Se, invece, analizziamo anche la produzione del veicolo, allora non c’è storia: stravince l’idrogeno perché occorre moltissima energia per realizzare le batterie. Il confronto, infine, non esiste neanche se consideriamo l’energia necessaria a smaltire le batterie alla fine della loro vita».
L’efficienza è legata anche ai costi di esercizio. Oggi un chilo di idrogeno alla pompa di Bolzano costa 13,70 euro e per fare un pieno in grado di portarci in giro per 666 chilometri con una Hyundai Nexo occorrono circa 86 euro. Non sono i 383 mila euro che spendere Bill Gates per riempire i serbatoi del suo nuovo megayacth, ma è una cifra che equivale quasi a un pieno di carburante per un grosso Suv. «Nei prossimi 7-10 anni l’idrogeno potrebbe arrivare a costare come e meno del petrolio» ha spiegato Marco Alverà, amministratore delegato di Snam, la principale utility del gas a livello europeo che ha già avviato una sperimentazione per utilizzare la sua rete per il trasporto dell’idrogeno. «Il suo vantaggio, invece, è che possiede i pregi dell’elettrico senza gli svantaggi di quest’ultimo, perché spostarsi portarsi appresso centiniaia di chili della batteria non è efficace dal punto di vista energetico. La rivoluzione non inizierà dalle auto per via dell’enorme inerzia del settore, ma dall’industria: c’è già un mercato da 100 miliardi di dollari su scala mondiale, e le possibilità di crescita e di business di questa fonte energetica sono enormi». Uno studio di Snam condotto con McKinsey ha calcolato che entro il 2050 l’idrogeno potrebbe coprire quasi un quarto di tutta la domanda energetica italiana. I segmenti più interessanti sono il trasporto, il riscaldamento degli edifici e alcune applicazioni industriali. Il cambiamento sarà più veloce per il l trasporto pesante su lunga distanza sarà uno dei primi segmenti in cui l’idrogeno potrà essere sostenibile economicamente. L’idrogeno raggiungerà la parità di costo totale con il diesel entro il 2030, anche senza l’applicazione di incentivi di sistema.