Forse è una semplice coincidenza, ma nei giorni in cui Elon Musk e Steve Wozniak insieme a un migliaio di scienziati e tecnologi, soprattutto americani, firmano un appello per invitare a una pausa di riflessione sugli sviluppi dell’intelligenza artificiale, si è aperta alle OGR Torino «Perfect Behaviors. La vita ridisegnata dall’algoritmo», una mostra che, attraverso sei opere/allestimenti, si propone di indagare in modo critico le “trasformazioni dell’umano” indotte dalle nuove tecnologie e, in particolare, dagli algoritmi di intelligenza artificiale. L’aspetto più interessante è che non si stratta di tecnologi o sociologhi, ma di «tecno-artisti», talvolta non individuali ma collettivi, che cercano di tradurre in arte visiva tematiche estremamente complesse e che richiedono conoscenze specialistiche di programmazione, modellazione 3d, conoscenza delle piattaforme di sviluppo dei videogiochi.
Perfect Behaviors è un tentativo di esplorare gli effetti di un sistema di calcolo invisibile (i famosi «algoritmi»), pervasivo e in continua espansione, attraverso l’espressione artistica. In mostra sono le opere del collettivo Universal Everything (Regno Unito), Paolo Cirio (Italia), Eva e Franco Mattes (Italia), Brent Watanabe (Stati Uniti), Geumhyung Jeong (Corea del Sud) e James Bridle (Regno Unito).
“C’è un’espressa volontà in questi artisti – spiega il curatore della mostra Giorgio Olivero – di entrare in dialogo con il presente, acquisendo, spesso in proprio e da autodidatti, una propria competenza tecnica, senza dover dipendere o chiedere permesso a chi è già in possesso di questo know how. Di fronte all’impatto che stanno avendo sulla vita comune le nuove tecnologie ci coglie talvolta un senso di radicale incertezza: sappiamo che ci stiamo trasformando, ma non sappiamo ancora in cosa. Con questo progetto le OGR ribadiscono la volontà di essere una piattaforma per discutere i temi della contemporaneità e mettere in luce il ruolo della tecnologia nel dare forma alla realtà sociale”.
Uno degli obiettivi della mostra è anche svelare cosa c’è dietro i lucidi schermi della tecnologia, proponendo una narrazione alternativa a quella dominante. “Non perché quest’ultima sia sbagliata, – precisa Olivero, – ma perché abbiamo bisogno di una capacità di interazione, di avere nuovi strumenti per comprendere meglio e in modo più critico. Per questo ci serve il linguaggio dell’arte contemporanea, che ci aiuta a espandere i nostri punti di vista”.

Tra le opere alle OGR, Tribes, realizzata nel 2019 da Universal Everything, un collettivo di artisti digitali inglese, utilizza un software di previsione e gestione dei flussi negli spazi pubblici per simulare il comportamento di una grande folla in cui migliaia di persone, rappresentate in uno schermo a grandi dimensioni, si muovono secondo una sequenza d’istruzioni. Quello a cui assistiamo è una progressiva uniformità dei flussi, che da un inizio caotico in cui ciascuna figura sembra quasi scontrarsi con le prossime, prende forma spontaneamente in un flusso ordinato e in raggruppamenti omogenei, spingendoci a riflettere sull’influenza che i sistemi di controllo possono avere sull’individuo.
Di particolarmente impatto è anche The boots (2020), realizzata da Eva e Franco Mattes, pionieri della Net Art. Su un piccolo schermo si vede, ad esempio, una giovane attrice che simula la testimonianza di un moderatore di un centro Facebook di Berlino, incaricato di vagliare il flusso di e testi per individuare episodi di violenza o violazioni del codice etico. La ragazza, mentre finge di truccarsi, in realtà racconta le problematiche e difficoltà del suo lavoro e di come, in definitiva, a governare i social siano quasi esclusivamente le tecniche di marketing. La simulazione si richiama al caso reale dell’attivista Feroza Aziz che aveva denunciato su TikTok in Cina le violenze sugli Uiguri inserendo la denuncia proprio in un make-up tutorial.
Poi c’è l’hackeraggio, da parte dell’artista statunitense Brent Watanabe, di un videogioco popolarissimo come Gran Theft Auto V, ambientato a Los Angeles e lanciato nel 2013, e che ora vede come protagonista un cervo che interagisce visivamente con le figure virtuali del videogioco creando un effetto di spiazzamento. Infine, a fine percorso, campeggia un allestimento concettuale di un’auto a guida autonoma ironicamente delimitata all’interno di un cerchio, da cui non può uscire ed è costretta a girare continuamente su se stessa.
Perfect Behaviors, che resterà aperto fino al 25 giugno, è inserito all’interno di due binari alle OGR (Officine Grandi Riparazioni), ex officine per la riparazione dei treni nell’Ottocento, che sorgono nel cuore di Torino su un’area di 35.000 mq interamente riqualificata da Fondazione CRT e restituita alla città, come un centro di cultura e innovazione unico in Europa, dedicato alla sperimentazione artistica, musicale, scientifica, tecnologica e imprenditoriale. “Il megatrend dell’ArTechnology, termine coniato nel 2022 proprio alle OGR, e i Perfect Behaviors – spiega Massimo Lapucci, CEO delle OGR Torino – rappresentano un’ideale sintesi in chiave umanistica del lavoro e della mission delle OGR Tech. Se queste ultime esplorano le nuove opportunità di sviluppo in progetti verticali disruptive ad alto potenziale, dalle smart city all’edutech, la mostra, grazie a sei artisti d’eccezione, vuole essere una riflessione sull’impatto che le nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale stanno avendo e sempre più avranno sulle persone e sulla loro quotidianità, con l’obiettivo di accogliere punti di vista diversi e affrontare il futuro con ottimismo e consapevolezza.”