Addio social network, la mobilità torna il fulcro dell'economia
Elon Musk, CEO di Tesla

Basta Faang (ovvero il pacchetto Facebook, Amazon, Apple, Netflix, Google) è l’ora dei Maga, che sta per Microsoft, Apple, Google ed Amazon. Fuori, dopo il tonfo delle trimestrali, sia Facebook, frenata dagli scandali  ma ancor di più dalla disaffezione dei più giovani, che Netflix, salita a valutazioni siderali (165 volte gli utili). è questo il verdetto che emerge dalla campagna dei conti. Ma l’impressione è che qualcosa sia cambiato. Il dazio da pagare per chi ha deluso le attese è stato terribile: Twitter ha perso il 21%, il suo peggior ribasso di un giorno dal febbraio 2014; a Intel non è bastato battere le stime di utili e ricavi, una guidance negativa ha innescato un non insignificante -8.6%; peggio di tutti ha fatto Facebook, che ha lasciato sul terreno 130 miliardi di dollari in una sola riunione. In cambio, chi ha presentato risultati eccellenti, migliori delle attese, ha registrato un apprezzamento tiepido, come nel caso di Amazon, regina del clou oltre che dell’e-commerce. La sensazione è che il mercato si stia concentrando su una rosa di titoli sempre più ristretta, indice di una certa fragilità del trend del settore che ha trascinato finora i listini, in assenza di altri driver di crescita.

Facebook ha bruciato 130 mld dopo la comunicazione della  trimestrale. Si inizia a palesare una fragilità dei trend del settore

Tensioni sui tassi Usa e guerre commerciali, del resto, non favoriscono stabili progressi del Toro.  Che fare? Una soluzione potrebbe essere quella di puntare su settori che offrono garanzie di crescita al netto delle tensioni geopolitiche. Tra i comparti a più sicura vocazione di crescita figura quello delle batterie a celle per i veicoli elettrici, impermeabile alle guerre commerciali: i cinesi vengono in Europa, dove sono ben accolti, gli americani vanno in Cina, sempre più aperta agli investimenti esteri, soprattutto nel settore dell’alta tecnologia. Un esempio? Elon Musk ha firmato un accordo programmatico per realizzare un impianto di produzione da mezzo milione di Tesla l’anno: un obiettivo da raggiungere nel giro di due o tre anni. Per il produttore di auto elettriche di lusso, la Cina non è solo l’area che oggi vale il 15% del suo giro d’affari, è il mercato strategico dove è obbligatorio essere presenti. Intanto la cinese Contemporary Amperex Technology, il primo produttore al mondo di batterie a celle per i veicoli elettrici, ha annunciato la realizzazione del suo primo impianto produttivo fuori dalla Cina. La fabbrica da 14 Gigawatt/ora sorgerà a Erfurt, nel centro della Germania, in modo da poter servire al meglio le necessità dei grandi costruttori auto tedeschi. BMW ha anticipato che nei prossimi anni farà acquisti da CAT per circa 4 miliardi di euro. Stesso copione a Bruxelles per una controllata del gruppo che fa capo a Albert Frère: la capitalizzazione di Umicore, produttore belga di prodotti chimici, è triplicata negli ultimi tre anni. Quel che attira gli investitori è la leadersphip tecnologica nel ciclo di produzione del trittico nickel-manganese-cobalto, tre elementi cardine per gli elettrodi delle batterie al litio. La rivoluzione elettrica in corso non può certo rinunciare al rame. Il prezzo del metallo utilizzato nei cavi di trasporto, è in questi giorni sui minimi dell’ultimo anno, ma la recente discesa è stata provocata solo dalla minaccia delle guerre commerciali. Tra i produttori, Deutsche Bank consiglia la canadese First Quantum, possibile preda del colosso Rio Tinto, gigante minerario che da tempo dice di volersi rafforzare nelle materie prime legate ai nuovi mondi elettrici. Quel che si propone di fare anche la tedesca Sgl Carbon, un grande nome nella grafite che sta cercando di adeguarsi sviluppando le produzioni più legate alle batterie.