Il 2021 ha segnato nuovi record nell’attività di M&A a ogni livello, globale, europeo e nazionale. Le varie statistiche sinora pubblicate (Bain, EY, KPMG, JP Morgan, Pitchbook,PwC, Refinitiv, Reuters, solo per citarne alcune) evidenziano dati quantitativi lievemente differenti in termini di numero e valore delle operazioni concluse ma, invariabilmente, denotano un livello eccezionale di attività. Le ragioni di questa espansione sono state ampiamente illustrate in numerose ricerche e nei nostri recenti scritti. Ora la principale domanda è: questo boom proseguirà? A essa s’accompagna un altro quesito: quali saranno le direttrici evolutive, i “mega-trend”, per l’M&A nel prossimo futuro?
Quali sono i possibili freni all’espansione
Le attese sono per il proseguimento della fase espansiva, in numero e importanza delle operazioni straordinarie, almeno per tutto il 2022 e, nel medio termine, per una stabilizzazione dell’M&A almeno ai livelli precedenti allo scoppio della pandemia. In questo senso si esprimono gran parte delle ricerche citate in premessa. Per il prossimo futuro ci sono indubbi motivi di preoccupazione socioeconomica su scala globale. Tra essi si possono citare i colpi di coda del Covid, le tensioni geo-politiche nell’ex-URSS e nel turbolento Medio Oriente, le disfunzioni nelle catene di approvvigionamento o nei sistemi logistici, il possibile innalzamento di barriere legali alle operazioni transfrontaliere, l’inflazione, il rialzo dei tassi, l’incertezza sui tempi e la misura del rallentamento della crescita del PIL, le elevate valutazioni unite talvolta alla scarsità di aziende di pregio che siano contendibili.
Liquidità dei mercati e repositioning elementi positivi
Però le tendenze emerse nell’ultimo triennio, a partire dall’estrema liquidità dei mercati finanziari e dall’esigenza/opportunità per molte imprese di ripensare il proprio posizionamento strategico, sono destinate a perdurare e, nel medio periodo, a superare gli ostacoli che potrebbero via via presentarsi. Anche perché ancora esistono numerosi mercati frammentati, come pure imprese forti ma ancora sottovalutate in contesti nazionali stabili. Permarrà anche l’abbondante liquidità dei “nuovi” ricchi (Paesi del Golfo e Russia principalmente) e del gigante asiatico, magari diretta dal vertice politico verso specifici settori ritenuti importanti per ragioni strategiche.
Da noi ci sono i soliti problemi ma non è tutto nero
In Italia vi sono temi specifici che potrebbero talvolta incidere sul volume di attività (come l’abituale fragilità del nostro sistema politico e giudiziario o l’aggressività delle autorità nel recuperare i contributi impropriamente corrisposti durante la pandemia) ma, anche in questo caso, ci sono dei fattori strutturali (l’invecchiamento dei fondatori se non della seconda generazione d’imprenditori, come pure la presenza di eccellenze produttive in numerosi settori) e recenti (a partire dalle dimensioni rilevanti assunte dal private equity, come pure l’avvicinamento delle valutazioni delle imprese italiane ai livelli internazionali) che consentono di guardare al futuro con ragionevole ottimismo.
M&A, i mega-trend legati alla sostenibilità
Le questioni connesse al cambiamento climatico e alla maggior rilevanza del benessere personale e sociale sono diventate (finalmente) centrali in molti ambiti. L’M&A non fa eccezione, con lo ESG come terreno d’investimento[2] e pure come elemento da monitorare[3]. Tra i temi “climatici” saranno certamente importanti l’economia circolare e la gestione intelligente dei rifiuti, come pure il riassetto delle fonti e dei flussi di energia (con efficientamenti e riduzione degli sprechi).Operazioni connesse a tecnologie di base (spesso realizzate da fondi di venture capital o da corporate venture capital), alle applicazioni innovative, alle telecomunicazioni, alla digitalizzazione e al data analytics saranno al centro dell’attenzione direttamente e anche nelle loro applicazioni nelle filiere B2B (macchine utensili e know-how), nella finanza, nelle assicurazioni e nel retail.
Si acquisirà per ottimizzare la catena del valore
L’attenzione sarà anche verso l’acquisizione di aziende con marchi o prodotti leader la cui acquisizione possa permettere di accelerare o riprendere la crescita, puntare a nuove nicchie, sfruttare proprie capacità commerciali, tecnologiche o “di contributi”, espandersi geograficamente oppure diversificare in nuovi mercati[4]. Un filone dell’M&A sarà legato all’ottimizzazione della catena del valore con interventi a monte anche di “reshoring”per ridurre la dipendenza da Paesi rischiosi o lontani che possono talora concretizzarsi nell’acquisizione nel mondo occidentale d’imprese dotate d’impianti produttivi già attivi ed efficienti. In parallelo si assisterà ad acquisizioni a valle nell’ottica d’incrementare il controllo della distribuzione da parte dei maggiori produttori.
Il ruolo del private equity e dei fondi
I fondi di private equity continuano a ottenere nuove risorse e resteranno investitori aggressivi sia per acquisizioni dirette sia per add-on. Contemporaneamente diversi partecipazioni dei fondi giungeranno al termine del loro ciclo e saranno così messe sul mercato molte imprese di qualità. Sul mercato M&A andranno anche porzioni di grandi imprese quando queste ultime cercheranno d’ottimizzare il loro portafoglio d’attività cedendo aree d’affari non strategiche allo scopo di recuperare margini o risorse, come pure per ridurre la complessità gestionale. Spesso questi carve-out creano promettenti opportunità d’investimento per fondi e imprese. Pensando alle azioni realizzative, è probabile che per la concreta realizzazione di operazioni di successo si debbano ora soppesare la crescente incertezza sistemica e il moltiplicarsi degli attori in gioco che incrementano la competizione nell’M&A: tali fattori implicano una revisione della propensione al rischio, un rafforzamento delle capacità di scouting e negoziazione M&A e l’introduzione di competenze di due diligence anche in nuove materie.