Gino Galli aveva molte delle caratteristiche che fanno di un artista anche un personaggio. In questo caso controverso e dal percorso di vita ancora a tratti misconosciuto. Omosessuale, probabilmente dedito a droghe e a pratiche di occultismo, membro della polizia segreta di Mussolini, autore e firmatario di importanti testi teorici del Futurismo, condirettore della rivista “Roma Futurista”, ha generato opere uniche e molto belle, per quanto di universale ha la bellezza nell’arte, abbracciando un itinerario artistico che dal Divisionismo al Futurismo al Ritorno all’ordine ha coperto 30 anni, dal 1914 al 1944. Allievo prediletto di Giacomo Balla, di lui si sa per certo che partecipò all’Esposizione libera Futurista Internazionale nel 1914, poi di due sue personali nel 1919 e nel 1921 presso la Casa d’arte Bragaglia di Roma, mentre se ne perdono le tracce dopo il 1923. Una mostra, promossa da Sapienza Università di Roma, getta finalmente luce, ad ottant’anni dalla sua morte, su questo artista dimenticato, per fortuna non da uno dei curatori e autori del Catalogo insieme a Giulia Tulino, Edoardo Sassi, che ne ha fatto oggetto di ricerca per una vita, fin dall’appendice della sua tesi di laurea.
La prima retrospettiva in assoluto
I 50 dipinti, dagli esordi prefuturisti del pittore ai primi anni ’40, e molti materiali, quasi tutti inediti, sono esposti al MLAC – Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Università degli Studi “La Sapienza”, grazie all’interesse dimostrato dalla sua direttrice, e coordinatrice scientifica dell’esposizione, Ilaria Schiaffini, ad ospitare la mostra curata Edoardo Sassi e Giulia Tulino e dedicata a Gino Galli, volutamente pubblica e volutamente realizzata, come mostra di impianto scientifico, nell’alveo di un istituto di ricerca. Perché di ricerca, lunga, difficile, capillare, a tratti rocambolesca, si è trattato, fino alla ricostruzione e alla restituzione di un nutrito corpus di opere del pittore, tra il Realismo magico di splendide nature morte ai più tardivi paesaggi con rovine del Ritorno all’ordine. Proprio la varietà tra le opere realizzate, lungo il filo rosso di un interesse simbolista però, che la mostra ben evidenzia nel suo percorso cronologico – dove trovano posto ritratti divisionisti e a pastello, tele astratte che testimoniano la sua ricerca sul colore, il tratto delle illustrazioni per le riviste futuriste, nature morte preziosissime nei dettagli colti ospitati al loro interno, i nudi -, mostra l’indubbio talento del pittore e lascia stupiti sulle ragioni dell’oblio che lo ha riguardato così a lungo. Senza dimenticare l’autobiografismo di alcune opere decisamente legate al tema dell’erotismo e dell’omosessualità, tele, alcune esplicite di grandi dimensioni, delle quali l’una allude all’amico Bottai con cui ha vissuto anni di militanza politica fino al loro allontanamento nel mutato clima della normalizzazione fascista. Arte e politica si intrecciano più volte per l’artista, come dimostra il ritratto – tra l’altro una delle poche immagini della donna – della fiorentina Bice Pupeschi, capo rete dello spionaggio e amante del capo della polizia fascista, il prefetto Arturo Bocchini.
Un Catalogo che è una bellissima Storia
Le 150 pagine del bellissimo Catalogo edito da De Luca Edizione d’arte, a cura di Edoardo
Sassi e Giulia Tulino, con l’introduzione di Ilaria Schiaffini e la prefazione di Claudia
Salaris, lasciano portare a casa al visitatore il racconto di ricerche minuziose, cui hanno
collaborato, con i curatori, Flavia Fucile e Sebastiano Maoloni. Pagine che ricostruiscono,
attraverso diversi contributi critici, momenti e temi della narrazione sullo straordinario
pittore: il Galli “futurista primario” documentato da Giancarlo Carpi, i “decorativismi” sui
quali Gino Galli dibatte con Julius Evola e Gerardo Dottori di cui parla Antonella Pesola, il
suo “stile futurista in tre tempi” con Enrico Bittoto, il rapporto con i futurismi e l’omosessualità descritto da Tommaso Mozzati, l’indagine sulle possibili cause degli anni
che lo hanno visto assente dalla scena artistica con Massimo Rossi Ruben, la minuziosa
analisi sulla grande opera Autoerotismo (uomo) e sulla sua tecnica esecutiva a cura di
Claudio Falcucci.
Dietro e davanti alle tele
Un discorso a parte quello sul restauro. Quanto e quale lavoro ci sia dietro le tele
esposte in una mostra è generalmente poco noto ai visitatori. E invece la pulitura e il
restauro delle opere sono operazioni delicatissime quanto preziosissime, operazioni che
in questo caso Simona Magrelli e Claudio Carbonaro, chiamati ad occuparsi della
revisione conservativa di molte delle opere del corpus esposto, tutte trovate in discreto
stato conservativo, stavolta raccontano, quale contributo di conoscenza soprattutto sui
materiali costitutivi e sulla tecnica di esecuzione delle opere sui cui sono intervenuti.
Intanto l’esame del primo gruppo di opere rivela in Galli una abilità pittorica stupefacente
fin da giovanissimo. Ritratto della madre (realizzato a 17 anni), ad esempio, dimostra una
padronanza assoluta del “mestiere”: una tela tessuta ad armatura tela a trama stretta
artigianalmente e montata su telaio ligneo originale ed estensibile, su di essa una preparazione bianca ad olio, poi una tavolozza di pochi colori, nero, ocra rosato, crema,
terra d’ombra, il bianco del particolare dell’orecchino, la straordinaria forza espressiva
del tratto dell’occhio. La firma, G. Galli, fin da queste prime opere è apposta sul recto dei
dipinti, e solo eccezionalmente apposta altrove o resa con il solo nome di battesimo,
Gino. Anche le altre due opere del periodo futurista del primo gruppo – Riposo e
Simultaneità. Donna-Bimbo-Piante – sono realizzate su telai lignei originali di tipo non
estensibile e in questo caso i supporti tessili in fibra vegetale non rivelano una
preparazione. Non è certo invece l’uso della tempera, nelle pennellate dove, qui, domina
l’uso del colore verde in molteplici tonalità, e del giallo, colore amatissimo dall’artista.
Molto difficile, per la scarsità di documenti, la datazione delle opere nel lavoro di revisione. A volte un colpo di fortuna, come quando durante la “depolveratura” di Simultaneità. Donna-Bimbo-Piante è apparsa la data del 1914. La grande tela Autoerotismo (uomo) in cui un giovane uomo vestito di una camicia nera pratica l’onanismo, potente per l’epoca, risente anche tecnicamente dello stato d’animo con cui il pittore l’ha dipinta, probabilmente di nascosto o comunque in una dimensione intima e in fretta. Lo rivela l’effetto generato dall’arretramenti dei piani – il ragazzo, poi l’ombra, poi la parete ocra e poi la cornice retrostante – e anche la pennellata d’oro sfuggita alla cornice sul bordo della tela dipinta. Speculare l’opera Autoerotismo (donna), realizzata su una tavola di compensato di 3mm incollata su telaio con doppia traversa verticale e dipinta ad olio su una preparazione chiara. A precederla una stesura abbozzata sottostante rivelata da alcune lacune della pellicola pittorica. Prima del restauro la superficie pittorica si presentava ingrigita, piatta e cromaticamente alterata da depositi e sporco, risolti da procedimenti conservativi di pulitura e per la presentazione estetica. Un particolare è stato sottolineato dai due restauratori, frutto di una loro personale opinione e dei rilievi eseguiti. Le due opere presentano molteplici analogie dal punto di vista tecnico, ma mentre Autoerotismo (uomo) non è firmato ed è sempre stato tenuto nascosto, Autoerotismo (donna) reca la vistosa firma dell’artista in nero su sfondo rosso e probabilmente è nata per essere esibita, opera su un erotismo ostentatamente eterosessuale, forse ad allontanare all’epoca i possibili sospetti di omosessualità.
Un personaggio discutibile, una “mano felice”
La ricostruzione – tuttora in corso secondo quanto assicura lo stesso Edoardo Sassi,
giornalista del Corriere della Sera dove scrive di arte e cultura – rigorosa, storica,
puntuale della biografia di Gino Galli reca allo stato ancora delle lacune, soprattutto
riguardo alla discrepanza tra le relazioni coltivate come quella con il viceduce Bocchini e
col Giuseppe Bottai “dominus della politica delle arti durante il regime fascista” e la sua
assenza, tuttavia, dalla vita politica con incarichi di rilievo e dalla partecipazione a mostre
importanti, pur essendo stato lungo tutta la sua esistenza un pittore validissimo ed
ispirato. C’entrerà forse la sua omosessualità, l’uso probabile di stupefacenti, la
sregolatezza da “pittore maledetto” che ne costituiva l’aurea (e il fascino). A consegnarlo
ai posteri come “mano felice” uno tra i maggiori storici del Futurismo, Enrico Crispolti. A
questa mostra, ai suoi curatori, la consapevolezza, e la soddisfazione, di aver contribuito
alla riscoperta, con Gino Galli, di un protagonista di primo piano dell’arte del Novecento,
autore di opere uniche, vive, dove la scelta del “vero” non scade mai nel “verismo”, ma
piuttosto traduce la fantasia e l’intuizione nate dalle sue emozioni in quadri che
trasudano bellezza e tormento. E quelle insoddisfazione e fragilità che probabilmente
dovettero far parte della personalità del pittore, come documentate anche in alcune delle
fonti rivenute, e del suo carattere “chiuso e introspettivo”. Una sofferenza che non sarà
stata “vana”, se tradottasi, come si è tradotta, in opere che testimoniano “la ricerca di
assoluto, a cui dedicarsi con tutta la foga e la sapienza dei suoi mezzi pittorici e plastici”
(Arturo Cappa), del pittore che “sembrava essere uscito dalla scena dell’arte” (Claudia
Salaris). Ci è rientrato, grazie alla generosità dei discendenti dell’artista e all’ostinazione
di un cultore del Bello come Edoardo Sassi.
LA MOSTRA. “Gino Galli (1893-1944). La riscoperta di un pittore tra Futurismo e Ritorno all’ordine”. MLAC – Museo Laboratorio di Arte Contemporanea – Città universitaria, Sapienza Università di Roma, Palazzo delRettorato – Roma, Piazzale Aldo Moro 5. Apertura al pubblico: 10 marzo – 6 maggio 2023. Orari. 16 – 19.